La grande pochezza

Danilo Santinelli, Bathers (particolare), 1996

 

In questo intervento vorrei affrontare l’imbarazzante problema che attanaglia un’intera generazione, la mia, e che ritengo affetta da una disarmante pochezza.

Una pochezza espressa soprattutto nell’assenza e dunque in realtà non espressa, seppure concreta ed esistenziale che si manifesta in una mancata presa di posizione su ogni aspetto della vita civile e morale. Una generazione non pervenuta, che non dichiara, né si dichiara. Un’assenza non innocua, la cui colpa della responsabilità declinata riecheggia come eco nel vuoto da lei creato, riverberandosi sulle successive generazioni che pagano lo scotto del nostro disimpegno civico e morale.

Questa pochezza si palesa in ogni aspetto del quotidiano.

In politica, ad esempio, si manifesta con particolare vigore sui social networks, in un susseguirsi inarrestabile di sproloqui e piagnistei, ricchi di arroganza e acredine, dettati da un insuperabile senso d’impotenza generato da pigrizia e incapacità. Scevro da ogni concretezza naufraga nella marea dei post, accresciuti dalle condivisioni che innalzano l’onda del delirio, come uno tsunami che ricadendo spazza via le poche sacche di resistenza del buon senso e della ricerca costante e documentata. E così, i cosiddetti movimenti post-ideologici si piegano sotto le macerie della mancata progettualità temporale, che partendo da ragioni storiche, conducono ad analisi del presente, sino a divenire ipotesi di futuro. Allora, rancore e frustrazione si accrescono, spingendo i pensieri laterali, accecati dal terrore e dall’odio, ad assegnare responsabilità ad altri pur di non assumerci le nostre e purché, questi altri, siano infinitamente più deboli di noi, poiché chi determina il panorama economico con il nostro avvallo è molto più potente e la nostra ignavia non ci consente nemmeno di confessarci la nostra debolezza, figuriamoci di opporci a costoro. Del resto siamo figli del pensiero postmoderno che ha interrotto ogni linea temporale, consegnandoci a una condizione patologica a metà tra la schizofrenia e il capriccioso infantilismo, pur non avendo l’innocenza dell’infante o del malato. E la rincorsa alla figura forte e risolutiva diviene cliché internazionale, salvo poi l’immancabile sopravvento della disillusione che reca con sé accresciuto livore e frustrazione. E così via, in una spirale che precipita sempre più in una follia che non vuole ascoltar ragioni, preda solo dell’odio.

Chiaramente questa impasse coinvolge la sfera sociale, sia perché frantuma ogni rapporto di fiducia e confronto con l’altro, sia perché la virtualità delle comunicazioni costituisce un concreto recinto all’interno del quale siamo contemplati come fruitori, fornitori e prodotto d’informazione. Informazione che è materia prima del nuovo mercato delle multinazionali e che, a partire dagli anni Settanta, costituiscono il panorama della denominata, non a caso, Era dell’Informazione. Dove l’economia capitalista, tramite il processo della digitalizzazione, ha scoperto gli orizzonti immateriali dell’immaginario umano che può mappare, controllare e condurre con una precisione “matematica” sconosciuta in passato. Un potere di orientamento politico, economico e sociale che non tralascia nessun aspetto della quotidianità delle nostre vite. Tanto più forte perché, anzitutto, smaterializza il comune processo sociale umano che nel passato aveva costituito fonte di resistenza agli aberranti processi di potere tramite la diretta autoorganizzazione. Per questa ragione i movimenti ad aggregazione virtuale non hanno alcuna speranza di successo, essendo perennemente controllabili, orientabili e conducibili da figure fittizie, che nulla hanno a che vedere con le infiltrazioni che potevano verificarsi in dinamiche consimili nel passato. La favola de I vestiti dell’imperatore al contrario, dove il “re nudo” siamo noi e ci esponiamo consenzienti all’occhio onnisciente dei reggenti dell’economia, in grado, ormai, di prevenire ogni forma di dissenso o di orientarla a loro favore in forza delle nostre informazioni.

Siamo tanto sprofondati in questa forma di non pensiero che anche chi sarebbe storicamente deputato a fungere da osservatore critico, si trova invece ingranaggio del medesimo processo. Così i giornalisti, che in gran numero hanno disertato la via dell’inchiesta per pubblicare notizie già masticate dall’Ansa, limitandosi a ruminarle assegnando loro un orientamento servile secondo le casacche. Anche qui vi sono fronde di resistenza, il più delle volte inascoltate o inghiottite dal frastuono della moltitudine delle altre. Così gli artisti di ogni genere d’espressione, troppo presi a sbarcar lunario per inseguire velleità d’impegno sociale e civile, mutandosi così in intrattenitori o decoratori, ben lungi dalla progettualità assegnata all’arte dal Romanticismo in avanti. Così i linguaggi espressivi si fanno banali e retorici, portatori dei medesimi valori già imposti dal mercato, sino a divenirne incarnazione e facilitazione della colonizzazione dell’immaginario diffuso. Al fine, non arte, perché contraria a sé stessa e al proprio ruolo.

In questo scenario, dove tutti vorremmo che le cose cambino pur non cambiando noi stessi, il devastato paesaggio ci assomiglia più di quanto ci piaccia, o siamo disposti ad ammettere a noi stessi, e sulle sue lande desolate naufragano i sogni e le speranze delle nuove generazioni per le quali non ci siamo adoperati. Perché, fermi a un eterno presente, non le abbiamo contemplate, negando loro i doverosi lasciti che avremmo dovuto. Spero, dunque, questi orfani disprezzino e fuggano l’ignavia indolenza dei padri per riprendersi in mano le loro monche vite. Spero, inoltre, i padri si ravvedano obbligandosi all’etica o, al contrario, liberino il campo dalla loro insulsa presenza.

Per quanto mi concerne, faccio e proseguirò a fare quanto posso, seppure esso assomigli più a un nulla che mi dispera e non mi da pace.

 

A chi dopo di noi.

 

Bibliografia

Frutto di queste riflessioni sono i percorsi già compiuti nei miei precedenti interventi presenti in questo blog e alla cui bibliografia rimando, a essa si aggiunge l’esperienza e l’osservazione diretta e i testi a carattere narrativo, i film e la pittura che inequivocabilmente hanno segnato il mio modo di guardare agli eventi e rispetto ai quali ho sempre avuto particolare predilezione per quelli che indagano l’opaco universo della sfera umana. Ho deciso quindi di segnalare, qui di seguito, solo quei testi che per il mio percorso personale hanno costituito momenti particolarmente significanti solo in ambito saggistico.

ARNHEIM Rudolf, Arte e percezione visiva, [1954], Milano, Feltrinelli, 2002.

BAIRATI Eleonora – FINOCCHI Anna, Arte in Italia, volume 3, [1984], Torino, Loescher Editore, 1991.

BARBIERI Daniele, I linguaggi del fumetto, Milano, Bompiani, 1991.

BORDONI Carlo FOSSATI Franco, Dal feuilleton al fumetto. Generi e scrittori della letteratura popolare, Roma, Editori Riuniti, 1985.

BRANCATO Sergio, Fumetti. Guida ai comics nel sistema dei media, Roma, Datanews Editrice, 1994.

CAROCCI Giampiero, Elementi di storia – L’Età delle rivoluzioni borghesi, volume 2, [1985], Bologna, Zanichelli, 1990.

DEL GUERCIO Antonio, Storia dell’arte presente, Roma Editori Riuniti, 1985.

DE MICHELI Mario, Le avanguardie artistiche del Novecento, [1986], Milano, Feltrinelli, 1988.

DE VECCHI Pierluigi CERCHIARI Elda, Arte nel tempo, [1991], Milano, Bompiani, 1996.

GIACOMETTI Alberto, Scritti, [1990], Ripatransone, Edizioni Sestante, 1995.

GUGLIELMINO Salvatore, Guida al novecento, [1971], Milano, Editrice G. Principato s.p.a., 1982.

HARVEY David, La crisi della modernità, [1990], Milano, Il Saggiatore, 1997.

HUGHES Robert, Lo shock dell’arte moderna, Milano, Idealibri, 1982.

ITTEN Jhoannes, Arte del colore, [1961], Milano, Il Saggiatore, 2001.

KANDINSKY Wassily, Punto linea superficie, [1925], Milano, Adelphi, 1982.

KRICHER John, L’equilibrio della natura (mito e realtà), [2009], Ghezzano, Felici Editore, 2011.

LONGHI Roberto, Cravaggio, [1982], Roma, Editori Riuniti, 1994.

LYOTARD Jean-François, Peregrinazioni. Legge, forma, evento, [1988], Bologna, Il Mulino, 1992.

MALTESE Corrado, Guida allo studio della storia dell’arte, [1975], Milano, Mursia, 1988.

PRIGOGINE Ilya, Le leggi del caos, Bari, Laterza, 1993.

STEIN Edith, L’empatia, [1917], Milano, Franco Angeli, 1992.

SCARUFFI Piero, Guida all’avanguardia e New Age, Milano, Arcana Editrice, 1991.

VALLI Bernardo, Lo sguardo empatico. Wenders e il cinema nella tarda modernità, Urbino, Edizioni Quattroventi, 1990.

WORRINGER Wilhelm, Astrazione e empatia, [1908], Torino, Einaudi, 1975.

 

Siti web

APOSTOLOU Apostolos, Addio postmoderno, benvenuti nell’età dell’altermoderno, in Cultura Oltre, 2018, https://culturaoltre14.wordpress.com/2018/04/21/addio-postmoderno-benvenuti-nelleta-dellaltermoderno-di-apostolos-apostolou/

CAMPA Riccardo, Dal postmoderno al postumano: il caso Lyotard, in Letteratura-Tradizione, volume 42, 2008, https://ruj.uj.edu.pl/xmlui/handle/item/58854

http://www.treccani.it/vocabolario/

https://it.wikipedia.org