Adriano Cecioni 1836-1886
In pittura quello della finestra è un soggetto frequente, che dal Rinascimento in avanti diviene sempre più insistente. Le ragioni sono diverse.
Anzitutto è una metafora naturale del dipinto che mostra, si affaccia su di un universo di rappresentazione, così come una finestra si affaccia su scenari diversi. Spesso da anche adito all’equivoco che un quadro sia una finestra affacciata sulla realtà, che rappresenti la realtà. Ma la pittura è un codice di comunicazione umana, così come lo sono il teatro, la musica, la letteratura, ecc. La realtà che un dipinto mostra non è mai quella fisica, bensì la visione che di essa ha il pittore. Posandovi lo sguardo lo spettatore si affaccia sulla visione che del mondo ha il suo autore, ha quindi l’opportunità di rileggerlo secondo una visione altra, secondo un’angolazione di sensibilità differente. Fruire l’arte è strapparsi alle proprie convinzioni per rileggere il mondo secondo un diverso punto di vista, in un dialogo a distanza, non solo geografico ma anche temporale, con l’autore dell’opera. Il fruitore compie un atto di pluralità che non si accontenta della sua singola voce.
Di fronte a queste finestre dipinte si trovano quasi sempre delle donne e, in questo caso, la finestra assume uno specifico significato in termini di rappresentazione. Significato mutuato dai classici rinascimentali delle madonne in interni con finestre alle spalle che affacciano sul paesaggio. Non è del resto un caso che proprio nel Rinascimento quel modello di rappresentazione si diffonda, ossia in quel momento di rivoluzione artistica avviato dall’introduzione della prospettiva matematica. Quell’accorgimento tecnico che si sforza di riprodurre la nostra visione percettiva del mondo. Anche qui non si tratta della realtà, dove la strada nei fatti non converge in un unico punto verso l’orizzonte, ma di mostrarci la nostra fallace e limitata visione del mondo, che proprio per questo, mostrandocelo come lo vediamo e non per come esso è, ci appare tanto più realistico. Ecco che allora le finestre rinascimentali divengono incarnazione di quella medesima ricerca condotta tramite prospettiva.
La zia Erminia ritratta da Cecioni non è certo la Madonna, ma posta di fronte a quella finestra che da sul paesaggio è inevitabile richiami quel canone pittorico. Assegnandole volutamente, a lei e a tutte le altre donne con finestra successive al Rinascimento, un tono sacrale del quale tutta la pittura ottocentesca le fa oggetto. Leggono, cuciono di fronte alla finestra. Vi si affacciano e osservano, per vedere oltre o in attesa di qualcosa o qualcuno. Altre volte sono immerse nel paesaggio rurale, che come loro dona frutti al mondo. Sono il centro della vita, presente e futura.